sabato 4 maggio 2024

Troppe cose che non servivano, perché mi servivano troppo (o dell'amicizia)


 Nella vita troppe cose ho fatto che non servivano, perché mi servivano troppo. Tipo amare follemente la Scozia -  una delle scintille di questo blog - senza una ragione e senza un tornaconto.

Del resto, il tornaconto è un termine che scivola via dal mio vocabolario.

La Scozia, è un abbraccio di (pro)fumo che non mi lascia mai solo. Gli amici che conosco per sempre, se non da sempre.  È un legame autentico, un essere fratelli sul serio, e che nulla ci separi: non ruvidi conti di mondo, non banalità di vario tipo e voglia di imporsi sul vuoto, mentre la vita corre via.

Perché questo è il punto: la vita corre via. Lo dico, combattendo una lacrima, all'ultimo addio pronunciato e alzando un brindisi più torbato che si può.

La Scozia è questo tendere la mano, anche quando ribolle il mare - o il cielo - che ci separa. 

And we’ll take a cup o’ kindness yet,
For auld lang syne.

Nella vita, sono felice di aver fatto troppe cose che non servivano, perché mi sono servite troppo. A vivere. 


mercoledì 1 maggio 2024

Il primo maggio, giorno dopo giorno (per me, nata in un'azienda)

 


Il primo maggio, giorno dopo giorno. Questo pensiero è affiorato dopo un'osservazione di un'amica, nata dalla splendida recensione de "L'ultimo dei Fuasté" (Edizioni Progetto Cultura) scritta da Gianfranco Fabi. 

È un libro per il primo maggio. E dunque per ogni giorno. Quella quotidianità in cui ho camminato in tante aziende - non solo nei momenti brillanti e in quelli drammatici - mi ha insegnato qualcosa che non riuscivo a mettere a fuoco finché non mi sono seduta davanti a uno schermo dove brillavano i nomi di Mario, Malik e tanti altri. In cui ho rivisto tanti altri.

Mio padre sognava che io studiassi Economia e come noto, l'ho ripagato in modo spaventoso, laureandomi in Filosofia. Sono trascorsi molti anni, metà della mia vita lavorativa, prima che io trovassi il punto di incontro. Mi interessai dell'economia (reale, si usa dire, e questo bisogno la dice lunga), perché la trovavo affascinante nella sua umanità. 

Nessun personaggio tra i Fuasté è reale, ma le loro emozioni sì: ho sorriso, pianto, mi sono arrabbiata, sono rimasta delusa con tante persone incontrate nelle imprese. Del resto, io sono nata in un'azienda, sono il frutto di un'azienda: mamma e papà si innamorarono sul posto di lavoro. Fin da piccola, a casa mia entravano clienti e colleghi. E rappresentanti: il mondo si palesò subito dentro casa e incontrai tanti "forestieri". 

È stata una grande lezione, che mi sono tenuta inconsapevolmente nascosta nell'anima ed è affiorata quando meno me l'aspettavo.

Ecco perché il primo maggio per me non ha il volume alto, non ha colori sgargianti, ma è un filo di umanità che avvolge tutti giorno dopo giorno: sta a noi rafforzarlo o spezzarlo, sta a noi fare le cose nell'unico modo che questa umanità consente.

La recensione QUI

Il libro QUI

mercoledì 24 aprile 2024

Dentro la tempesta siamo sempre stati

 


Tu ci sei nato, dentro la tempesta; io mi sono ritrovata molto più tardi. Eppure, forse stavamo procedendo già insieme.

Ho sempre avuto la tua incoscienza, non il tuo coraggio, e ora guardo la tempesta che si avvicina solo perché non lampeggia, ancora, altrimenti mi sarei già rintanata. Tu, amavi contemplare il cielo che scagliava i fulmini contro il traliccio: fiammate d'orgoglio, erano in te. 

Io mi accontento di pensare, come tu avevi intuito.

-L'hai detto o pensato?

Papà, per me è uguale: tanto parlano gli occhi. Ho preso anche una nota a scuola per loro.

Dentro la tempesta, eravamo già; dentro la tempesta, siamo sempre stati.



martedì 23 aprile 2024

Ognuno di voi (e io forestiera)

 

Il libro è un mondo, il mondo è un libro. Nella Giornata internazionale del libro mi viene da abbracciarvi tutti, compagni della mia vita, del mio tempo scosso dagli incontri e dalle fughe, dai sentieri e dai deserti.

Tanti testi sono rimasti e probabilmente rimarranno nei cassetti: cercava di spronarmi a uscire allo scoperto mio padre, ma ha dovuto prendermi per mano una volta volato via per convincermi. Era il 2009, usciva "Quando il nonno prese per il naso il re" della Nomos e il primo nome era di papà (come è il primo che ho mormorato nella mia esistenza), perché ha messo in moto tutto lui. Tutto.

Poi si sono posati sulla strada della vita diversi accadimenti. Hanno cominciato a camminare con me i saggi, le storie pazientemente affidatemi dagli altri che sono state un immenso tesoro. Infine, quelle che escono dalla mia mente e si nutrono di ciò che ha cercato di imparare, qua e là, con ogni creatura, nel bene e nel male. 

Chi ha bisogno di Willy è stato il mio primo romanzo, edito da Mursia. Ed è una storia che ha un'altra storia dietro: devo il suo fiorire sotto la luce a un amico, che mi ha strappato dalla mia zona di conforto.

Adesso, ha iniziato il suo viaggio "L'ultimo dei Fuasté" (Edizioni Progetto Cultura, QUI) e io forestiera lo affronto con pudore e stupore, accogliendo le parole degli altri ora che le mie sono definitivamente uscite. Dei tanti che si sono sentiti o si sentono Fuasté.

Il viaggio continua, perché mi importa proprio questo ora: condividere le emozioni altrui, suscitare ricordi ed emozioni, forse un'ombra di speranza.


lunedì 22 aprile 2024

Voglio studiare per noi (la persona, non la malattia)


In passato, ho studiato per orientarmi in questo mondo, per migliorarmi, per trovare la mia strada. Diverse ragioni, un compito svolto con passione o distrazione a seconda del momento.

Adesso, io voglio studiare per te. Per noi. 

La malattia è uno stato transitorio, qualsiasi lasso temporale si impunti di occupare. La persona è per sempre: sembra un controsenso, considerando la nostra provvisorietà, eppure è proprio così. Finché ci siamo, siamo persone. Siamo così per sempre, il nostro sempre almeno.

Sono impotente, di fronte alla malattia. Lo sono sempre stata. Di fronte alla mia e a quella che colpiva le persone care, persino quelle che sfioravo appena. Bisogna affidarsi ad altri e quella è la prima fregatura. Bisogna riconoscersi impotenti e quella è follia pura.

Ancora più follia, inchinarsi e dire: ok, non ci posso fare niente. Ma posso prendermi cura della persona. Posso guardarti da un'altra prospettiva, da colonna a pietra, fragile eppure angolare. Posso ascoltare senza dare un senso, ma con amore. Posso accarezzare. Posso sentire mille volte storie che già conoscevo, posso sorridere di fronte a un'incongruenza o un atto che ancora sai compiere in qualche modo impeccabilmente.

Sto studiando per te: ho ripreso il taccuino, ascolto, trattengo le lacrime o le lascio andare. Ciò che faccio, non cambia me e te. 

Sto studiando per noi e tutto il resto scivola fuori. Vedo gente abbarbicata a giganteschi vuoti, io preferisco stringere te, che mi hai dato tutto. E adesso non mi chiedi niente, se non quando mi fai piovere una domanda.

Sei contenta di me?

Io annuisco, perché non so come dirti che quella domanda era mia, solo mia, quando cercavo di crescere.  Solo che non osavo mai rivolgervela.

Posso migliorarmi, provarci almeno, ancora e ancora. Posso farlo per te, per noi. Perché la malattia è uno stato transitorio, noi siamo per sempre.

giovedì 18 aprile 2024

Tutto tranne


 Sono un'ombra dei miei pensieri. Sto mettendo goffe ali. Sono una linea che delimita sogni. O forse sono tutto, tranne ciò che posso sembrare.

mercoledì 17 aprile 2024

Ho bisogno di me

 

Ho bisogno di me. Uno spazio irraggiungibile, se non dalla mia anima scossa dal vento, un sentiero che sia troppo sconnesso per ingolosire qualcuno, una stagione dove nessuno metta la testa neanche per distrazione. 

Ho bisogno di ascoltare e stupire me stessa e di fare silenzio tutt'attorno. Il telefono, chissà dove l'ho lasciato: forse insieme ai miei sogni, nonostante cozzassero.

Adesso mi fermo sotto un cielo saggiamente grigio e ti stringo forte. Ci stringo forte. Ho bisogno di te, ho bisogno di me.